La follia di un cavaliere
Opera: L' Orlando furioso
Autore: Ludovico Ariosto
Poema cavalleresco in 46 ottave, pubblicato
nella sua ultima edizione nel 1532, è’il capolavoro di Ludovico Ariosto. Come
sappiamo, esso costituisce la continuazione del poema di Matteo Maria Boiardo
“L’Olrando innamorato” che, sullo sfondo delle battaglie tra Cristiani e
Saraceni, narrava dell’amore di Rinaldo e Orlando, i 2 più valorosi paladini di
Carlo Magno, per Angelica la bellissima figlia del re del Catai (antico nome
della Cina settentrionale).
Benchè la trama dell’Orlando
Furioso appaia molto complessa sia per il groviglio degli episodi che per i
numerosi e svariati personaggi che vi si alternano, si possono distinguere tre
filoni tematici principali:
1. Il motivo bellico: la guerra tra Saraceni
e Cristiani.
Le vicende sono ambientate a Parigi dove Carlo Magno e i suoi paladini
cristiani si trovano a combattere contro i Mori e il loro re Agramante.
Inizialmente la situazione per i cristiani sarà sfavorevole perché i 2 loro più
valorosi cavalieri, Orlando e Rinaldo, sono distratti dalla bella Angelica che,
con la sua fuga, li allontana dal terreno di guerra.
Quando Rinaldo tornerà in
campo, le sorti della guerra si rovesceranno,
e al momento di uno scontro tra i
migliori cavalieri cristiani e i migliori cavalieri mori, anche Orlando avrà
modo di mostrare il suo valore e le sue abilità fino a quando i Cristiani
trionferanno definitivamente sul nemico.
2. Il motivo amoroso: la passione di
Orlando per Angelica. La tematica
amorosa e la tematica militare si intrecciano così tanto da a creare un legame di dipendenza tra loro.
Infatti il povero Orlando, catturato
dalla passione e dalla gelosia per Angelica, dimenticherà il suo importante
ruolo di soldato ed eroe cristiano che ha il dovere di combattere per il suo
signore contro il nemico.
Siamo sempre
alle porte di Parigi e i Saraceni stanno attaccando la città; Angelica è prigioniera dell’esercito
cristiano, e Re Carlo la promette in sposa a chi riuscirà a sconfiggere Argalìa, fratello di Angelica.
La fanciulla però riuscirà a fuggire inseguita da molti soldati di entrambi gli
schieramenti finchè in un bosco incontrerà un giovane e bellissimo fante
saraceno: Medoro. Se ne innamorerà
profondamente e, insieme, i due incideranno le iniziali dei loro nomi sulle cortecce
degli alberi e sulle rocce che troveranno sul loro cammino. Poi fuggiranno
entrambi in Catai.
Quando Orlando
scoprirà quelle incisioni, e ancor più, quando parlerà con un contadino che
aveva dato ospitalità per una notte proprio ai due amanti, perderà
completamente la ragione, si spoglierà della sua armatura e inizierà a devastare
tutto ciò che incontrerà. Vagherà offuscato dalla rabbia e dalla follia per
tutta la Francia e la Spagna e attraverserà a nuoto lo stretto di
Gibilterra. Nel frattempo, suo cugino
Astolfo, a bordo di un ippogrifo, volerà sulla luna alla ricerca del senno perduto di Orlando. Lo troverà
chiuso in un’ampolla di vetro che poi, farà odorare ad Orlando, e costui tornerà finalmente in sé e a
combattere contro i Saraceni.
3. Il motivo encomiastico: la celebrazione
degli Estensi. I protagonisti sono Ruggero,
soldato saraceno e la cristiana Bradamante,
sorella di Rinaldo. Ruggero ci viene presentato da Ariosto come capostipide
della famiglia d’Este, con origini mitiche, infatti Ruggero sarebbe pronipote
di Astianatte, figlio di Ettore, l’uomo più forte di Troia.
L’amore tra Ruggero
e Bradamante è ostacolato dal mago Atlante, il quale sa che, secondo una profezia, se Ruggero si convertirà al
cristianesimo e sposerà Bradamante, morirà subito dopo. Così il cavaliere verrà
rinchiuso in un castello incantato creato dallo stesso mago. Verrà
successivamente liberato da Astolfo, e, dopo essersi convertito al
Cristianesimo e sposato con Bradamante, inizierà a combattere in nome della sua
nuova fede. Così si conclude il poema.
L’Orlando furioso, segna il
tramonto della cavalleria e dei suoi valori e lo si coglie soprattutto nella
caratterizzazione dei personaggi i quali non sono mai perfetti, del tutto
cattivi o del tutto buoni, del tutto saggi o del tutto stolti, ma hanno le
stesse incertezze, debolezze e insicurezze tipiche degli uomini. Per
cui i temi del poeta sono quelli della vita di ogni giorno: l’amore, la
gelosia, il dolore, la lealtà, la viltà, il coraggio, il valore, l’illusione,
la delusione, l’istinto. Ariosto tratta
queste tematiche con sottile ironia e con un sorriso che si coglie in molti
passaggi.
Si coglie, inoltre, un altro
aspetto della poetica di Ariosto: il suo gusto per lo straordinario, il
meraviglioso, il fiabesco, il mostruoso, scenari tipici del genere fantasy che
vedono incontri con mostri, giganti,
fate e maghi. Potremmo quasi osar dire che Ariosto sia stato un buon padre per
J.K. Rowling.
Mi piacerebbe fare, come sempre
al termine dell’analisi di un’opera, alcune osservazioni. E’ inevitabile non
soffermarmi sul tema della follia che in letteratura è
davvero molto frequente (la follia di Zeno in Svevo, dei personaggi
pirandelliani, di Dino Campana, già trattata in questo blog, e ancora di Erasmo
da Rotterdam, di Alda Merini, per
citarne solo alcuni…). La follia è una condizione mentale che può scaturire da
svariati fattori, il tradimento è
uno di questi.
Il povero Orlando non sopporta
che la sua Angelica possa essere stata sfiorata da un altro uomo, ma non
sopporta soprattutto che un cavaliere come lui, sia stato “sconfitto” da un altro uomo d’armi
nella conquista di una donna. Si tratta di una forma di combattimento non
fisico, che Orlando ha perso. Si tratta di una sconfitta deleteria non certo
per il suo corpo, ma per la sua virilità,
non certo per una ferita fisica, ma per una ferita all’onore. E si sa, la parola stessa “sconfitta”, di qualunque natura
essa sia, per un prode cavaliere non è facile da
razionalizzare. Ma qui la sconfitta è degenerata al punto da causare la pazzia e ha portato Orlando persino a dimenticarsi
del proprio ruolo dignitoso e glorioso di cavaliere ligio al dovere e guidato
da un codice d’onore irreprensibile.
Poi la follia diventa accecante
ed ecco sfociare ed evolversi, o dovremmo forse dire “involversi” in violenza:
violenza verso la natura, gli alberi, i
cespugli, le rocce, le zolle di terra.
128
Non sono io, non sono io quello che sembro in volto:
quello che era Orlando è morto e sotterrato;
la sua ingrata donna l’ha ucciso:
si, mancandogli di fedeltà gli ha fatto la guerra.
Io sono il suo spirito dal suo corpo diviso,
che vaga tormentandosi in questo inferno,
in modo che con il proprio fantasma,
che e’ tutto quello che gli resta,
ammonisca con l’esempio colui che affida la sua speranza nell’Amore.”
129
Tutta la notte il conte vago per il bosco;
ed al sorgere del sole
il suo destino lo riportò vicino al fiume
dove Medoro incise l’iscrizione.
Vedere le parole che testimoniavano il suo disonore incise nel monte,
lo accese, così che in lui non restò nulla
che non fosse odio, rabbia, ira o furia;
non resistette più e sguainò la spada.
132 Afflitto e stanco cadde infine nell’erba
e fissò gli occhi al cielo senza dire parola alcuna.
Rimane così, senza mangiare e senza dormire
per tre giorni.
Il suo dolore non smise di
crescere,
finché non l’ebbe fatto impazzire.
Il quarto giorno, sconvolto
dalla pazzia violenta,
si tolse di dosso tutta l’armatura.
134
Gli scaturì così tanta rabbia e così tanto furore
che tutte le sue facoltà sensitive furono alterate.
Non gli passò per la testa di prendere la spada,
che tante incredibili avventure aveva passato, credo.
Ma tanto né quella, né una scure, né una bipenne (scure a due lame)
erano necessarie alla sua immensa forza.
Qui fece davvero alcune tra le sue imprese più straordinarie,
sradicò un grande pino con un solo scrollone:
Gli scaturì così tanta rabbia e così tanto furore
che tutte le sue facoltà sensitive furono alterate.
Non gli passò per la testa di prendere la spada,
che tante incredibili avventure aveva passato, credo.
Ma tanto né quella, né una scure, né una bipenne (scure a due lame)
erano necessarie alla sua immensa forza.
Qui fece davvero alcune tra le sue imprese più straordinarie,
sradicò un grande pino con un solo scrollone:
135
e ne abbatté, dopo il primo, molti altri ancora
come se fossero state piante dal fusto tenero;
e fece la stessa cosa con querce, vecchi olmi,
faggi e abeti.
Come un uccellatore che per ripulire
il campo, dove mettere le reti,
estirpa le erbacce, i ramoscelli e le ortiche,
Orlando faceva con le querce e con le altre piante secolari del bosco.
e ne abbatté, dopo il primo, molti altri ancora
come se fossero state piante dal fusto tenero;
e fece la stessa cosa con querce, vecchi olmi,
faggi e abeti.
Come un uccellatore che per ripulire
il campo, dove mettere le reti,
estirpa le erbacce, i ramoscelli e le ortiche,
Orlando faceva con le querce e con le altre piante secolari del bosco.
(Canto
XXIII de L’Orlando Furioso)
Se ci pensiamo bene, Ariosto
utilizza la follia per descrivere ed analizzare in profondità alcuni comportamenti
e situazioni sociali dell’uomo. Non è
poi così tanto diverso il nostro Orlando furioso da quell’ agghiacciante
molteplicità di uomini “furiosi” che, accecati dalla gelosia o dal senso di sottrazione di una
compagna-moglie-fidanzata tolta loro, non importa in quale maniera, perdono completamente il senno e si
esibiscono in terribili performance di violenza e devastazione.
Tuttavia all’uomo attuale non basta
distruggere alberi o cespugli, egli in molti casi, sente un bestiale bisogno di attaccare ed eliminare
proprio l’oggetto del suo desiderio
inappagato: la donna stessa.
E
mi spiace se questo post possa prendere una piega poco felice, ma la
letteratura è sempre specchio della società, dell’attualità, di dinamiche umane che si generano, si
ripetono e spesso degenerano. E in questo caso la follia devastatrice di
Orlando non può non riportarci alla mente ciò che affligge la nostra
quotidianità: la follia devastatrice dell’uomo nei confronti della propria
donna.
Un eroe-cavaliere privato della figura femminile tanto amata e
agognata, arriva persino a spogliarsi dell’armatura, a “dis-eroizzarsi”.
L’uomo moderno privato della figura
femminile tanto agognata (e spesso nemmeno amata), arriva persino a spogliarsi
della sua umanità, a dis-umanizzarsi e “manda a quel paese” il gusto letterario
e romanzesco del mostruoso e fiabesco, per farsi regista e attore di un genere brutale
e raccapricciante, il genere giallo ma soprattutto “noir” in cui criminalità e degrado morale
costituiscono i temi principali.
Di sicuro c'è che:
l’ Orlando folle alla fine torna
in sé senza aver commesso alcun femminicidio.
L’uomo folle contemporaneo non
torna in sé, se non dopo aver
commesso il suo femminicidio.
Una sottile differenza sul piano sintattico
e lessicale, ma una differenza abissale quanto ad esiti.
Una distanza non misurabile tra eroe e… uomo, tra cavalleria e…
vigliaccheria, tra fama e… infamia, tra armatura e… armi.
Del resto eroi e cavalieri si
nasce…
Concludo questa pagina con un video che mi piace molto e che
credo, voglia farci riflettere su uno degli innumerevoli lati buoni della follia:
il suo invito all’AMORE e non certo alla…morte. Buona visione
Mara
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