L'emozione non ha sempre voce...



Vi è mai capitato di sentirvi afasici? Di non trovare le parole giuste per esprimere un concetto o, ancor più di frequente, uno stato d’animo? A me è capitato varie volte. E’ una sensazione abbastanza fastidiosa perché ci si sente limitati nella comunicazione, quasi intrappolati dalla inibizione lessicale.

Ma non sempre questa sensazione di impedimento linguistico è indice di un glossario personale  scarno e povero. Non dobbiamo allarmarci se non sempre troviamo parole adatte che calzino perfettamente in  tutto ciò che ci figuriamo nella mente.

Mi viene in mente Ligabue che cantava “ Ho perso  le parole eppure ce le avevo qua un attimo fa…”
Poi però aggiunge “Ho perso le parole e vorrei che ti bastasse solo quello che ho…”
E ancora “Ho perso le parole oppure sono loro che perdono me…”
Insomma, anche a Ligabue è capitato di restare a corto di parole, ma non è dipeso certamente da un deficit di natura semantica.


A volte ciò che vorremmo esprimere è così profondo e grande, così smisurato  che persino il linguaggio può risultare un canale inadeguato o insufficiente per la comunicazione.
I nostri sentimenti del resto, non nascono con una forma propria, sono esplosioni incontenibili di energia, vigoria, sia essa positiva che negativa,   e circoscriverli in lemmi a volte equivale a soffocarli.

Qual è la soluzione? Semplicemente il SILENZIO, la quiete, la profondità, l’immensità del silenzio. Non sempre il silenzio è sinonimo di reticenza e rifiuto, nel silenzio possiamo custodire i nostri segreti  ma possiamo anche riversare come fiumi in piena i nostri moti dell’animo. Chi ci ama e ci conosce davvero, coglierà ugualmente nel nostro silenzio, la nostra amicizia e vicinanza, il nostro amore, anche il nostro benessere e la nostra serenità.

Quello che di seguito pubblico è un  grazioso sonetto del poeta Roberto Piumini che mi è capitato di leggere mentre sfogliavo un manuale di antologia. In questo sonetto ho ritrovato tutto ciò che ho appena scritto.
A volte l’ammissione di non possedere la terminologia adatta non fa altro che rivelare ancora di più la nostra profondità d’animo e lo spessore dei nostri sentimenti.
Afasia lessicale non vuol dire affatto afasia emotiva !

Di seguito riporto la poesia di Roberto Piumini e la mia personalissima parafrasi con annesso un altrettanto personalissimo commento ed analisi metrico-stilistica. Che Piumini possa perdonarmi se mi son fatta prendere un po’ la mano con l' interpretazione del testo!





SE MENO PIENA SARA’ LA CANZONE (Roberto Piumini)

Questa poesia di Piumini è una dichiarazione d’amore bagnata di umiltà.  Il senso generale del testo infatti è questo: se non sarò in grado di scrivere e usare parole che siano all’altezza del mio Amore per te, allora mi arrenderò all’Amore nella sua forma più primitiva e originaria:  il silenzio dell’emozione  immediata e assoluta,  dunque slegata  da qualsiasi parola.

1    Se meno piena sarà la canzone  
con cui uso cantarti la bellezza,
se, un certo mattino, la parola
si farà meno forte e prelibata,

5   e il vero sembrerà un’opinione
e probabilità la mia certezza,
come di vecchia aquila che vola
ma troppo a terra ormai avvicinata,

9   poiché non solo suono è la mia mente
e non solo parole il corpo mio
e quel che dico è un’opera soltanto,

12   allora, giuro, resterò silente;
e nel silenzio, non in bisbiglio,
io ti amerò di amore senza canto.
(R. Piumini, L’amore in forma chiusa, Il Melangolo)

Parafrasi
Se le mie parole non saranno più in grado di elogiare la tua bellezza, se un mattino le mie parole perderanno  intensità, ricchezza ed efficacia comunicativa a tal punto che il valore assoluto della  verità si confonderà con la parzialità dell’opinione, la certezza con la probabilità, esse daranno un’immagine distorta della realtà così come fa una vecchia aquila che,  invece di volare in alto sicura e imponente come dovrebbe, si ritrova  a sorvolare troppo vicina al suolo, ormai stanca,  piena di incertezze e insicurezze.


Poiché la mia mente non percepisce soltanto suoni né il mio corpo si limita a parole  -
qui il poeta vuol dire che, quando si parla d'amore, non può esserci discordanza tra corpo e mente, l'amore non può essere descritto solo con parole che afferiscono al corpo e alla fisicità,  né con suoni che  la mente percepisce meccanicamente o per "sinapsi “. Le parole d'amore, per essere tali, devono provocare sensazioni emotive e corporee in un'armonia perfetta e in una unità indissolubile.  È questa un'ammissione di come alle volte il linguaggio sia insufficiente ad esprimere un moto dell'animo tanto elevato e sublime come l'Amore. -
Se dunque quello che dico può apparire una semplice poesiola  fatta di parole retoriche o di magniloquenza, allora giuro che resterò in silenzio, e nel silenzio più totale, nemmeno attraverso bisbigli,  io ti trasmetterò il mio amore, intenso allo stesso modo, ma senza l’ausilio delle parole.  

Il poeta in questa graziosa lirica d’amore, chiama la parola in modi assai diversi; ora la parola è canzone, un termine che contiene in sé una forte valenza poetica, poiché la “canzone” era proprio un particolare componimento di origine provenzale, caratterizzato da strutture metriche fisse, composto di stanze di endecasillabi o settenari.
Ora la parola è denominata  il “vero” e la “certezza” a voler sottolineare l’onestà che un leale comunicatore ripone nelle parole che usa. Soprattutto se si tratta di un sentimento così puro come l’amore.
Nell’ultimo verso la PAROLA  torna ad essere un canto, dunque torna ancora l’equiparazione della parola pregna di amore alla poesia. Tuttavia - questa è la sua conclusione -  se non si posseggono gli strumenti lessicali e stilistici adeguati, è sempre meglio il silenzio con la sua assordante profondità e con la sua infinita portata.

A livello strutturale, questo componimento poetico si presenta sotto forma di delicato sonetto con struttura metrica ABCD - ABCD -  EFG-  EFG.
Ai versi 3 e 4 notiamo la sinestesia tra il termine parola e l’aggettivo prelibata che afferiscono a due sfere sensoriali differenti, l’udito e il gusto, quasi a voler sottolineare che un sentimento così elevato come l’amore deve avvalersi di parole significative e ricche non solo per le orecchie ma anche per la stessa bocca che le pronuncia, deve cioè provocare piacere e gioia in tutto il corpo, proprio come avviene quando gustiamo un buona pietanza.
Notiamo la presenza di un chiasmo ai vv. 5 e 6 tra le parole vero e certezza e i loro esatti contrari opinione e probabilità.
Una similitudine compare al v. 6 “come di vecchia aquila che vola ”.
L’anafora ai vv. 9 e 10 “ non solo…non solo”, assieme all’avverbio  soltanto che ha la stessa radice di solo, conferiscono musicalità alla terzina.
Nell’ultima terzina,  l’allitterazione del suono “s” nelle parole resterò, silente, silenzio, bisbiglio, senza , sembrano riprodurre all’orecchio il tipico sibilo di uno spazio vuoto, dove nessun altro suono o rumore è percettibile. Lo stesso verbo “resterò” rimanda ad uno stato di immobilismo e quiete, così come la preposizione “senza” denota uno stato di privazione, assenza e  vuoto, come vuoto è tutto attorno al poeta, rimasto afasico, ma solo a livello lessicale.


Concludo questa pagina di poesia pubblicando una meravigliosa lettera d’amore trovata in una bottiglia dalla protagonista del romanzo di Nicholas Sparks “Le parole che non ti ho detto” da cui è stato tratto l’omonimo film di Luis Mandoki del 1999. Il protagonista, dopo la perdita della moglie, realizza di non aver pronunciato, quando la moglie era ancora in vita, molte parole che avrebbe voluto e vive questa esperienza divorato dai rimorsi...tuttavia...



Mara Tribuzio

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