Pasolini e la dittatura della società dei consumi



E’ davvero affascinante scoprire quanto prezioso e ricco sia il repertorio multimediale a nostra disposizione a fini informativi ed educativi,  se, naturalmente, utilizzato in modo critico e selettivo. 

Mi riferisco per esempio a Youtube dove è possibile per noi docenti trovare documentari, filmati storici, lezioni ben strutturate e preconfezionate di ogni disciplina, frammenti di interviste o di programmi televisivi sia attuali che risalenti a diversi anni fa, insomma una fonte inesauribile di informazioni e contenuti culturali di grande valore.

E’ proprio attraverso un’attenta ricerca  mirata che mi sono imbattuta in una serie di video sorprendenti che vedono protagonista Pier Paolo Pasolini, poeta, scrittore, giornalista, critico, cineasta, attore e soprattutto uomo di elevatissima sensibilità ed umanità, profondo conoscitore e scrutatore della realtà politica sociale intellettuale, ma soprattutto delle realtà più marginali di un’Italia, quella del secondo dopoguerra, difficile e faticosa da vivere…

Descrivere Pasolini richiede davvero una grande responsabilità morale. Non è semplice infatti parlare di questo artista a tutto tondo senza il rischio di delimitarlo o risultare incompleti nell’illustrare gli innumerevoli ambiti in cui egli si è espresso.
Non è semplice  parlare di un uomo che è stato perseguitato per tutta la vita, censurato nelle sue produzioni artistiche, demonizzato  per  talune abitudini intime ritenute discutibili, per la crudità del suo linguaggio espressivo, per il coraggio mostrato in un’epoca che non permetteva nemmeno di avere coraggio, perché, come lui affermava, era un’epoca foriera degli strascichi ideologici fascisti, ma,  soprattutto, un’epoca di crescita economica per il nostro Paese, che, se da un lato  garantiva maggiore benessere, dall’altro, conduceva il popolo italiano verso una pericolosissima omologazione ideologica, culturale, verso un appiattimento di opinioni ed un soffocamento stesso della libertà di espressione.

Pasolini anzi, sosteneva che nemmeno il rozzo  fascismo era stato tanto in grado, quanto la società consumistica dei suoi anni, di alienare l’uomo e renderlo un burattino in mano a potenti buffoni.

Queste le sue testuali parole: 

“Da noi oggi succede il contrario, il regime è un regime democratico, però quella acculturazione, quella omologazione che il fascismo non è riuscito assolutamente ad ottenere, il potere di oggi, cioè il potere della società dei consumi invece, riesce a ottenere perfettamente distruggendo le varie realtà particolari, togliendo realtà ai vari modi di essere uomo che l’Italia ha prodotto in modo storicamente molto differenziato. Posso dire che il vero fascismo è proprio questo potere della società dei consumi che sta distruggendo l’Italia e questa cosa è avvenuta talmente rapidamente che infondo non ce ne siamo resi conto. “ (fonte : https://www.youtube.com/watch?v=vQttzmv55iA).



E ancora:

 Nessun centralismo fascista è riuscito a fare ciò che ha fatto il centralismo della civiltà dei consumi. Il fascismo proponeva un modello, reazionario e monumentale, che però restava lettera morta. Le varie culture particolari (contadine, sottoproletarie, operaie) continuavano imperturbabili a uniformarsi ai loro antichi modelli: la repressione si limitava ad ottenere la loro adesione a parole. Oggi, al contrario, l'adesione ai modelli imposti dal Centro, è totale e incondizionata. I modelli culturali reali sono rinnegati. L'abiura è compiuta. Si può dunque affermare che la «tolleranza» della ideologia edonistica voluta dal nuovo potere, è la peggiore delle repressioni della storia umana.  

Ma la rivoluzione del sistema d'informazioni è stata ancora più radicale e decisiva. Per mezzo della televisione, il Centro ha assimilato a sé l'intero paese, che era così storicamente differenziato e ricco di culture originali. Ha cominciato un'opera di omologazione distruttrice di ogni autenticità e concretezza. 

Ha imposto cioè - come dicevo - i suoi modelli: che sono i modelli voluti dalla nuova industrializzazione, la quale non si accontenta più di un «uomo che consuma», ma pretende che non siano concepibili altre ideologie che quella del consumo. Un edonismo neo-laico, ciecamente dimentico di ogni valore umanistico e ciecamente estraneo alle scienze umane. 

(da Scritti Corsari, 9 dicembre 1973. Acculturazione e acculturazione,  nel «Corriere della sera» col titolo «Sfida ai dirigenti della televisione.»).


Sentite cosa dice in questa intervista da parte di Enzo Biagi del 1971.



Al minuto 2,00 egli afferma che “la rivoluzione industriale livella tutto il mondo”.
Al minuto 3,00 invece, difronte alla domanda di Enzo Biagi “Cosa è per lei il successo?”, il freddo e quasi rassegnato Pasolini risponde “il successo non è niente, il successo è l’altra faccia della persecuzione” […]“La televisione è un medium di massa e in quanto tale non fa che mercificarci e alienarci” -  inoltre aggiunge-  “ non posso dire tutto in televisione perché sarei accusato di vilipendio, ed oltretutto, difronte all’ingenuità e alla sprovvedutezza di certi ascoltatori, io stesso non le vorrei dire certe cose, quindi mi autocensuro” […] “nel momento in cui qualcuno ci ascolta nel video, ha verso di noi un rapporto da inferiore a superiore che è un rapporto spaventosamente  anti-democratico”.




Le risposte  brevi ma nette e taglienti di Pasolini rivelano non solo una palese stanchezza di combattere contro un sistema sociale inadeguato alla sua idea democratica di vivere, ma anche un’impressionante intuizione di ciò che è realmente accaduto negli anni successivi ed è poi esploso senza più possibilità di controllo, nella società odierna: siamo diventati tutti schiavi dei media.

 All’epoca c’era solo la televisione di cui Pasolini aveva ravvisato la pericolosità, ma oggi, i media si sono di gran lunga moltiplicati e sono confluiti in un’unica enorme rete-prigione, che è Internet.

All’inizio del mio post ho affermato io stessa quanto preziosa e ricca sia la Rete a fini anche pedagogici, ma solo se, chi la utilizza, abbia ben consolidate alcune competenze, in primis, lo spirito critico, la capacità di giudizio e di selezione delle informazioni, la conoscenza approfondita del pubblico a cui destinare taluni contenuti, la profonda conoscenza del contesto in cui avverrà questa trasmissione di saperi, e poi ancora l’intuizione di quali ripercussioni a livello psicologico una data notizia possa avere sul pubblico, a maggior ragione se quest’ultimo sia composto di ascoltatori “ingenui e sprovveduti” come affermava Pasolini più di 40 anni fa.


Se Pasolini fosse ancora con noi oggi,  ci sorriderebbe con tenerezza  ed un pizzico di compassione, nel vederci intenti nella nostra frenesia a pubblicare, condividere, taggare, ashtaggare, postare, ostentare, sciorinare quotidianamente qualsiasi tipo di  informazione.  Non  necessariamente  per manie di grandezza ed egocentrismo. Credo personalmente che non sia quest’ultimo  propriamente  il motivo per cui oggi utilizziamo i social network e le varie piattaforme di diffusione delle informazioni. In realtà lo facciamo perché la società ce lo impone, perché se non lo facessimo, saremmo tagliati fuori, perché anche noi abbiamo subìto quel processo di livellamento culturale e intellettuale di cui parlava il Maestro Pasolini.

Non possiamo permetterci, per usare le parole di Pasolini,  di “vivere rapporti antidemocratici” quali quello tra spettatore privato e attore pubblico, pertanto anche noi sentiamo questa curiosa urgenza di  “pubblicare” quanto più possiamo, e dobbiamo pubblicare non solo le nostre parole ma anche le nostre facce, le nostre abitudini, le nostre avventure, gli eventi  straordinari e ordinari della nostra vita, i nostri compleanni, lauree, gravidanze, pranzi a lume di candela, le nostre malattie, il nostro termometro in bocca, la nostra acne o il nostro braccio ingessato, i nostri animali domestici, i nostri alberi di Natale, gli insetti dei nostri giardini, i prodotti di cui ci cibiamo, quelli che detestiamo, i nostri ultimi acquisti, le espressioni deformate dei nostri visi …tutto, tutto quello che riusciamo, dobbiamo renderlo visibile e pubblico.

Quello che intendo sottolineare con queste mie riflessioni per le quali ho preso spunto proprio dalle parole di Pasolini, è che è necessaria una gran dose di buona coscienza, consapevolezza e responsabilità quando si fa informazione, a qualunque livello, a partire da quella importantissima nelle scuole,  rivolta ai nostri piccoli e grandi alunni fino all’informazione più o meno leggera sui social media. 
L’uso improprio, deformante e, ancor peggio, falso dei nostri strumenti di comunicazione (ma oggi li dovremmo chiamare strumenti multi-canale), ha inevitabilmente delle conseguenze negative e spesso deleterie sulla qualità stessa della nostra vita e dei rapporti umani. Per Pasolini la televisione era un mezzo di comunicazione altamente deformante e menzognero. 



Negli anni ’70 Pasolini lamentava la perdita di autenticità dei rapporti umani ed è per questo che le sue attenzioni e il suo cuore sono sempre stati rivolti alle classi più povere e ignoranti della società. Egli scorgeva nell’analfabetismo del sottoproletariato il segreto della naturalezza e della semplicità quasi bucolica della loro vita. Non a caso, in quasi tutte le sue opere,  i protagonisti sono esponenti delle classi più povere, come ad esempio i giovani delle borgate romane, di quella Italia ancora viva e più vera rispetto all’Italietta falsa, corrotta e “pompata” della borghesia capitalistica.

Solo per citare alcuni dei suoi romanzi più celebri:
 “Ragazzi di vita”(1955) , “Una vita violenta”(1959), “Alì dagli occhi azzurri”(1965)
ed alcuni dei suoi film capolavoro incentrati anch’essi sulla condanna della società moderna e sulla perdita di ogni sacralità ed inviolabilità nelle relazioni umane:
 “Accattone” (1961), “Mamma Roma”(1962), “Uccellacci e Uccellini” (1966) “La ricotta” (1963)


 da : La ricotta

Lei non sa che cosa è un uomo medio: è un mostro, un pericoloso delinquente, conformista, colonialista, razzista, schiavista, qualunquista, […] Il capitale non considera la manodopera se non quando serve la produzione, il produttore del mio film è anche il padrone del suo giornale…”

Nelle pagine di questo mio blog, tornerò senz’altro a parlare dell’immenso Pasolini, magari del Pasolini regista,  della sua immensa cultura classica e letteraria che si è materializzata nella realizzazione di capolavori cinematografici quali L’Edipo Re , Medea,  il Decameron, o della sua spudorata denuncia della classe borghese in film quali Salò e le 120 giornate di Sodoma


un film che ha scandalizzato, turbato e indignato l’opinione pubblica, o meglio, l’opinione di chi non ha colto o non ha voluto cogliere il messaggio chiaro di Pasolini, amante della vita ma,  da se stesso definito “feto adulto”, che si aggira più moderno di ogni moderno a cercare fratelli che non sono più. (da  Poesia in forma di rosa, 1964). 

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