Recensione del romanzo "Fame" di Isabella Corrado



Titolo: Fame
Autore: Isabella Corrado
Casa Editrice: Ensemble
data di pubblicazione: 1 aprile 2019

Su consiglio di un caro amico, qualche giorno fa ho terminato la lettura di un romanzo di recente pubblicazione intitolato "Fame", opera di un'autrice esordiente, Isabella Corrado, giovanissima responsabile di "Agenzia letteraria"(con sede a Roma e Matera) che offre servizi editoriali a giovani scrittori in cerca delle giuste case editrici. 

Il titolo dell'opera che ci riporta alla memoria l'omonima opera (nella traduzione italiana, edita nel 1921) dell'autore norvegese Knut Hamsun, sintetizza in modo efficace le varie tematiche affrontate al suo interno.

La "fame", infatti, è il comune denominatore che caratterizza e unisce tutti i personaggi della storia. Trattasi di "fame" quale sinonimo di bisogno, di vuoto da colmare, di carestia emozionale, di assenza di sostanza vitale, di perdita dell'orizzonte, di smarrimento identitario, ma anche di vera e propria patologia: una sorta di sindrome della fame compulsiva di cui è affetto uno dei protagonisti. La fame prende gradualmente la forma di un mostro che divora le sue vittime lasciandole "a digiuno" di vita. 

Sin dalle prime battute, è chiaro che l'impostazione narrativa è di tipo dialogico. Si passa in maniera fluida e alternata dai dialoghi tra i personaggi al monologo interiore; tutto discorso diretto ma anche discorso indiretto libero senza verbi dichiarativi che scandiscano le battute e interrompano il flusso di pensieri. 

Il fraseggio è chiaro, lineare e immediato, in perfetta sintonia con il titolo. La Corrado, infatti, fa venire al lettore "fame di leggere" con uno stile vivace e senza fronzoli. 
Ciò che ho apprezzato particolarmente nell'impalcatura generale dell'opera, è il tempo della narrazione. La storia è raccontata attraverso salti temporali, flashback e prolessi narrative che si alternano in modo così fluido e armonioso da non confondere mai il lettore. Ci sono anticipazioni, rimandi al passato, ritorni al presente che scorrono come scorre il pensiero umano, in modo reticolare ma mai convulso. 

Ma passiamo alla trama, cui naturlamente, farò solo brevi accenni. 
Anime fragili. Sono queste le figure imperanti in tutta la storia. Manuela e Derek, i due giovani protagonisti (hanno entrambi meno di trent'anni) tengono le redini dell'intero intreccio narrativo. 
Essi rappresentano l'incarnazione umana dei malesseri della società moderna tra cui l'anaffettività familiare, la difficoltà a trovare una collocazione dignitosa in ambito lavorativo, la lotta contro gli stereotipi e i pregiudizi sulla donna, la perdita di identità, lo smarrimento interiore, la solitudine, l'inettitudine. Tematiche troppo attuali ed urgenti perchè il lettore non ne venga emotivamente ma anche lucidamente, coinvolto. 

Si tratta di una crisi valoriale che ci riguarda tutti, che ci fagocita tutti. Giovani e adulti.
E infatti, accanto ai due protagonisti compaiono sulla scena altri personaggi, anagraficmanete più maturi: si tratta in particolare dei genitori di Manuela e del padre di Derek.

La madre di Manuela, psicoterapeuta trapiantata a Londra, ha lasciato forzatamente suo marito a Roma e ha deciso di andare a convivere con un facoltoso medico che le garantisce una migliore stabilità economica e forse sentimentale. Ma ciò non basterà alla donna per placare la sua fame pulsante di sentirsi desiderata, di riappropriarsi della sua femminilità, di osare e magari di riesumare una giovinezza un pò sfiorita. 

Poi c'è il padre di Derek, ricco imprenditore inglese e proprietario di una ricca catena di alberghi di lusso a Londra. Il classico esempio di genitore assente che ha scambiato l'affetto con il denaro, gli abbracci con i beni di lusso, le attenzioni per suo figlio con le garanzie economiche gettando quest'ultimo sull'orlo di un baratro affettivo e relazionale. 
Tuttavia, la tempra apparentemente glaciale e dura di quest'uomo cela anch'essa le sue crepe e le sue fragilità, ma soprattutto quel senso di vuoto doloroso che si prova, appunto, quando si ha "fame". 

Un romanzo di formazione con contaminazioni del romanzo psicologico che ci fa, a tratti,  riaffiorare alla memoria il diario terapeutico di Zeno.

Consigliato?  Sì, certo. Personalmente consiglio di leggerlo tutto d'un fiato per poi riflettere sui suoi contenuti ritagliandoci  molto più tempo.  



Mara Tribuzio.

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