Miguel de Cervantes e Francesco Guccini, binomio poetico perfetto.

Dopo una breve pausa estiva che mi ha vista in vacanza nella bella e “caliente” Spagna, oggi torno a ridare la “parola  alle parole” della letteratura dedicandone alcune proprio a quella stupenda terra. La prima naturale associazione che fa la mia mente quando pensa alla letteratura spagnola è, fanciullescamente, Miguel de Cervantes Saavedra,  ergo il famosissimo “Don Chisciotte della Mancha”. Troppo scontato? Non se raccontato attraverso le parole di una struggente canzone del nostro Francesco Guccini.

Ma procediamo per gradi.
Ricordiamo tutti la storia dell’”hidalgo” spagnolo Don Chisciotte , nella vita di tutti i giorni Alonso Quijada, signorotto di campagna? In brevi passi questo è il plot :


Alonso Quijada è un uomo squattrinato di umili origini che ha però una passione in grado di “arricchirlo” moralmente o almeno, nelle intenzioni: la letteratura cavalleresca. Divora libri di cavalieri e dame, di guerre combattute in nome di un codice etico elevato costellato di valori quali libertà, dignità, onore, umanità, giustizia per i più deboli, coraggio, pace. La sua lettura è così profonda che, pagina dopo pagina, Alonso non distingue più i confini tra letteratura e realtà a lui contemporanea,  e si cala totalmente in un mondo e in un tempo che non sono più.

Ecco dunque la sua metamorfosi intellettiva da semplice signorotto di campagna a nobile cavaliere, una sorta di mutamento di identità, ma… fino ad un certo punto. Alonso infatti è un “cavaliere” buono e coraggioso interiormente,  proprio nelle sue umili vesti di campagnolo, ma nel suo contesto non possiede mezzi adeguati per ribellarsi ad una società spietata e ingiusta, per cui usa l’espediente della finzione letteraria per urlare a tutti la sua sete di giustizia, le sue ragioni e il suo bisogno di rivalsa.

L’effetto è inevitabilmente comico perché Don Chisciotte inizia a vedere attorno a sé ciò che nessun altro vede:  scambia un’osteria per un castello, si fa nominare cavaliere da un oste, combatte contro mulini a vento scambiandoli per giganti dalle braccia rotanti, cerca di abbattere un gregge di pecore confondendolo con orde di soldati arabi invasori del territorio spagnolo, nomina come suo fedele scudiero un povero contadino, Sancio Panza, e da prode cavaliere quale egli si sente, cerca anche la sua bella dama che trova in Dulcinea del Toboso, un’altra rappresentante dell’umile classe contadina.


L’intero romanzo è dominato dunque dall’artificio dell’equivoco, del fraintendimento, della beffa e della doppia lettura: da una parte la prospettiva di Don Chisciotte, fedele ai suoi valori e intenzionato ad andare avanti nella battaglia contro l’ingiustizia, a qualsiasi costo, anche a costo di apparire un matto agli occhi esterni, dall’altra parte la prospettiva proprio di quegli occhi esterni, cioè della gente di quel preciso periodo storico (ricordiamo che siamo nei primi anni del 1600) che ha già bollato Don Chisciotte come un “matto” perché in una Spagna reduce dalla terribile sconfitta dell’Invincibile Armata inglese, e ormai piegata nei suoi sogni di grandezza, solo un folle potrebbe pretendere, per giunta da solo in groppa ad un ciuco, di risollevare una società ormai in preda allo smarrimento e alla sfiducia e ormai lontana dallo splendore rinascimentale.

Don Chisciotte rappresenta, in breve,  proprio la crisi del Rinascimento e l'inizio del barocco, l'esigenza di far emergere l’ individualità dell’uomo, l'istinto, la follia, il sogno, rompendo quella rete cristallizzata di rapporti e stratificazioni sociali.


Ma ora passiamo ad ascoltare la canzone di Guccini e ad immergerci nelle prezioso flusso di poesia che le sue parole hanno partorito. 

Ecco le strofe che più mi hanno rapita.

Nel mondo oggi più di ieri domina l'ingiustizia,
ma di eroici cavalieri non abbiamo più notizia;
proprio per questo, Sancho, c'è bisogno soprattutto
d'uno slancio generoso, fosse anche un sogno matto:
vammi a prendere la sella, che il mio impegno ardimentoso
l'ho promesso alla mia bella,
Dulcinea del Toboso,
e a te Sancho io prometto che guadagnerai un castello,
ma un rifiuto non l'accetto, forza sellami il cavallo !

Nelle parole di Don Chisciotte traspare un fondo di amarezza per la consapevolezza che i “cavalieri”, intesi come gente coraggiosa ed eroica, foriera di valori autentici e di “slanci generosi” a favore dei più bisognosi, non ci siano più. Il suo appare l’ultimo tentativo di “impegno ardimentoso” carico di passione bruciante e suggellato da una promessa nei confronti della sua bella. Cosa c’è di più forte e vincolante per un uomo,  di una promessa fatta alla donna che ama?

Tu sarai il mio scudiero, la mia ombra confortante
e con questo cuore puro, col mio scudo e Ronzinante,
colpirò con la mia lancia l'ingiustizia giorno e notte,
com'è vero nella Mancha che mi chiamo Don Chisciotte...

Ancora generosità e altruismo nell’animo del protagonista racchiusi in quel “cuore puro” che ci fa pensare un po’a quell’uomo dal “cor gentilche “rempaira sempre amore” di cui ci parla Guido Guinizzelli, e ancora del  “cor gentile” che “ratto s’apprende” di dantesca paternità  nel canto di Paolo e Francesca. L’uomo dunque dal cuore buono, cioè puro nell’animo.

Dal canto suo Sancho Panza, meno romantico e meno idealista del suo Signore, risponde con battute un po’dure dettate dalla povertà e dalla fame,  ma in lui predomina comunque la stessa bontà e generosità di Don Chisciotte, oltre che la fedeltà di uno “scudiero”:

E così da giorni abbiamo solo calci nel sedere,
non sappiamo dove siamo, senza pane e senza bere
e questo pazzo scatenato che è il più ingenuo dei bambini
proprio ieri si è stroncato fra le pale dei mulini...
E' un testardo, un idealista, troppi sogni ha nel cervello:
io che sono più realista mi accontento di un castello.
Mi farà Governatore e avrò terre in abbondanza,
quant'è vero che anch'io ho un cuore e che mi chiamo Sancho Panza...


Don Chisciotte rincara la sua dose di incitamenti alla giustizia:

Salta in piedi, Sancho, è tardi, non vorrai dormire ancora,
solo i cinici e i codardi non si svegliano all'aurora:
per i primi è indifferenza e disprezzo dei valori
e per gli altri è riluttanza nei confronti dei doveri !
L'ingiustizia non è il solo male che divora il mondo,
anche l'anima dell'uomo ha toccato spesso il fondo,
ma dobbiamo fare presto perché più che il tempo passa
il nemico si fà d'ombra e s'ingarbuglia la matassa...

Una straordinaria associazione tra i cinici e codardi e coloro che tardano a svegliarsi al mattino, tardano cioè a realizzare quale sia il vero male della vita. Come non condividere il pensiero di Guccini? Anch’io penso che l’eterno “addormentato” o l’eterno “anestetizzato” dai falsi piaceri della vita, sia anche il più indifferente all’impegno civico e sociale, o peggio ancora, il primo eversore dei principi di giustizia e onestà. L’accidia è un morbo che colpisce l’animo umano e porta l’uomo stesso a soccombere passivamente agli accadimenti.

E poi Guccini si supera nelle ultime due strofe della canzone quanto ad efficacia del messaggio e scelta delle immagini poetiche più adeguate per esprimere il suo intento: lanciare un mònito sempre attuale che ben si adatta ad ogni tempo, ovvero “sputare” il cuore in faccia all’ingiustizia continuamente, senza limitazioni temporali, come voleva fare Don Chisciotte che ben aveva inteso che il potere non disciplinato è paragonabile all’”immondizia della storia degli umani”.


Mi vuoi dire, caro Sancho, che dovrei tirarmi indietro
perchè il "male" ed il "potere" hanno un aspetto così tetro ?
Dovrei anche rinunciare ad un po' di dignità,
farmi umile e accettare che sia questa la realtà ?

Il "potere" è l'immondizia della storia degli umani
e, anche se siamo soltanto due romantici rottami,
sputeremo il cuore in faccia all'ingiustizia giorno e notte:
siamo i "Grandi della Mancha",
Sancho Panza... e Don Chisciotte !


Dopo aver ascoltato e riascoltato questo brano, riletto un passo del Romanzo di Cervantes e guardato questo dettagliato e, solo apparentemente abbozzato, disegno del grande Pablo Picasso, 

ho avuto la sensazione di essere tornata per un attimo nella solare e splendida Spagna. Del resto la letteratura e l’arte in generale, hanno proprio l’effetto di “teletrasportarci” nel tempo e nello spazio, farci calare in qualsiasi parte, renderci FOLLI e ammattirci per il troppo entusiasmo che proviamo quando le coltiviamo. Non era accaduto proprio questo a Don Quisciotte?



Mara



Commenti

  1. Semplicemente "wow"!
    Un post fatto di letteratura, musica e arte pittorica, di coraggio e lotta per la dignità. Un piacere leggerti!
    Ke

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  2. Semplicemente "wow"!
    Un post fatto di letteratura, musica e arte pittorica, di coraggio e lotta per la dignità. Un piacere leggerti!
    Ke

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  3. Bello Mara. Un percorso pluridisciplinare già confezionato.
    Complimenti

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