IL TRENO HA FISCHIATO (Luigi Pirandello)

[...] Così ilare, d’una ilarità vaga e piena di stordimento, s’era presentato all’ufficio. E, tutto il giorno, non aveva combinato niente. La sera, il capoufficio, entrando nella stanza di lui, esaminati i registri, le carte:
– E come mai? Che hai combinato tutt’oggi? Belluca lo aveva guardato sorridente, quasi con un’aria d’impudenza, aprendo le mani. 
– Che significa? – aveva allora esclamato il capoufficio, accostandoglisi e prendendolo per una spalla e scrollandolo. – Ohé, Belluca! 
– Niente, – aveva risposto Belluca, sempre con quel sorriso tra d’impudenza e d’imbecillità su le labbra. – Il treno, signor Cavaliere.
– Il treno? Che treno?
 – Ha fischiato. 
– Ma che diavolo dici? 
– Stanotte, signor Cavaliere. Ha fischiato. L’ho sentito fischiare... 
– Il treno? 
– Sissignore. E se sapesse dove sono arrivato! In Siberia... oppure oppure... nelle foreste del Congo... Si fa in un attimo, signor Cavaliere!

[...]

Seguitava ancora, qua, a parlare di quel treno. Ne imitava il fischio. Oh, un fischio assai lamentoso, come lontano, nella notte; accorato. E, subito dopo, soggiungeva: – Si parte, si parte... Signori, per dove? per dove? E guardava tutti con occhi che non erano più i suoi. Quegli occhi, di solito cupi, senza lustro, aggrottati, ora gli ridevano lucidissimi, come quelli d’un bambino o d’un uomo felice; e frasi senza costrutto gli uscivano dalle labbra. Cose inaudite; espressioni poetiche, immaginose, bislacche, che tanto più stupivano, in quanto non si poteva in alcun modo spiegare come, per qual prodigio, fiorissero in bocca a lui, cioè a uno che finora non s’era mai occupato d’altro che di cifre e registri e cataloghi, rimanendo come cieco e sordo alla vita: macchinetta di computisteria. Ora parlava di azzurre fronti di montagne nevose, levate al cielo; parlava di viscidi cetacei che, voluminosi, sul fondo dei mari, con la coda facevan la virgola. Cose, ripeto, inaudite. Chi venne a riferirmele insieme con la notizia dell’improvvisa alienazione mentale rimase però sconcertato, non notando in me, non che meraviglia, ma neppur una lieve sorpresa.




Il maestro Pirandello, genio della teoria umana della relatività, ci insegna che l'apparenza è un'arma a doppio taglio: da un lato imprigiona lo spettatore o l'interlocutore in una visione limitata, superficiale e ridotta di chi gli sta difronte, dall'altro imprigiona la vittima stessa di quella visione superficiale, che, vuoi per insicurezza, vuoi per la paura di non essere accettata, finge di essere davvero cosi come gli altri la vedono. Si preclude cioè la vita vera. E' un terribile gioco di ruoli che a lungo andare snatura chi vi partecipa.

Il povero Belluca, ragioniere costretto a vivere con sua sorella, sua madre e sua suocera, donne anziane e petulanti, oltre che con vari nipoti sotto lo stesso tetto, a lungo andare cade in uno stato di alienazione, in una condizione di atarassia emotiva (ben lontana dall'atarassia stoica che indicava padronanza di sè e distacco dalle passioni negative e dai turbamenti). Il nostro uomo non solo è apatico, ma nel suo lavorare senza sosta ogni giorno in ufficio ed ogni notte nella sua stanza, si sta perdendo le puntate migliori della SUA storia, della SUA vita, dunque è caduto nella trappola della INCONSAPEVOLEZZA della propria esistenza.

Ma una notte gli basta ascoltare il fischio di un treno che passa sotto casa sua...per risvegliarsi. Cosa è accaduto? O meglio, Belluca dovrebbe chiedersi : "cosa NON è accaduto fino a quel momento?".

A quanti di noi oggi è mai capitato di essere "distratti" (ma sarebbe meglio dire "svegliati"?) da un particolare, da un suono, da un dettaglio, da un paesaggio in lontananza, dal pianto di un bimbo, dalla vista di un fiorellino di camomilla sul ciglio della strada? Spero a molti.
A volte non ci accorgiamo che la vita che conduciamo in realtà conduce noi
che le azioni che compiamo spesso sono automatiche,
che gli impegni quotidiani o l'ansia di una consegna di lavoro, o ancora la fretta di portare a termine un compito voluto da altri, ci fanno dimenticare chi siamo.

Belluca dopo quel fischio è tornato sulla terra con un entusiasmo fino a quel momento sepolto.

Dovremmo tutti fare più caso a ciò che è al di fuori della nostra visuale routinaria, porgere l'orecchio al di là del nostro spazio d'azione, toccare con le mani anche ciò che non conosciamo, assaggiare cibi lontanissimi dai nostri gusti giornalieri, parlare con persone che non conosciamo, ascoltare altre stazioni radio nella nostra auto benchè siamo affezionati, quasi adepti al nostro canale del cuore.

Per vivere con entusiasmo, voglia di fare, energia e spirito di imprenditorialità a tutti i livelli, non dobbiamo prima fustigarci e rinunciare a tutto, dobbiamo invece aprirci a tutto tondo al mondo.


Mara

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